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Liceo scientifico Temistocle Calzecchi Onesti di Fermo. Classe 4G.

lunedì 21 aprile 2008

Si possono prevedere le frane ?







Le frane sono fenomeni in qualche modo prevedibili. Circa il 30% del territorio nazionale è considerato a rischio idrogeologico, buona parte è suolo abitato. Molto importante è la prevenzione, che sarebbe forse più corretto chiamare" convivenza con le frane".
La sorveglianza delle frane è infatti diventata uno dei campi di applicazione del software di controllo ambientale". Abbiamo osservato in Ancona durante la visita alla sala operativa della Protezione Civile (sala Soup) il 4 giugno dell'anno scorso i cosiddetti sistemi di “telemonitoraggio" o “controllo a distanza" effettuati grazie a speciali rivelatori automatici o "sensori". Automaticamente i dati vengono trasmessi ad un calcolatore che li confronta con valori di stabilità o di allarme, a questo punto il computer con particolari programmi, è in grado di elaborare previsioni di tendenza nel tempo o segnalare un' eventuale situazione di pericolo più o meno immediato.




Per un periodo di venti anni l’atteggiamento dell’opinione pubblica riguardo al modo di avvicinarsi o subire i fenomeni naturali e successivamente il danno cui molto spesso gli stessi sono collegati è cambiato. E' cambiato perchè ha scoperto che le morti e i danni si potevano evitare. Il passaggio della filosofia dalla catastrofe “annunciata” a quella “del si poteva evitare” è stato rapido. Dopo sett’anni senza una proposta di legge riguardante gli eventi calamitosi, con il terremoto dell’Irpinia prima, dove c’è stata la massima disorganizzazione, e successivamente con la vicenda del ragazzo caduto in un pozzo artesiano a Vermicino nel 92 sono state approvate le prime leggi riguardanti la protezione civile. Siamo rimasti affascinati da questa nuova filosofia del lavoro, l'esigenza di questo atteggiamento scientificamente valido che consente di ottenere interpretazioni corrette dei fenomeni naturali e relativi comportamenti concreti è molto presente. Sarebbe auspicabile controllare gli interventi umani sull'ambiente che potrebbero rivelarsi dannosi. Da quando la competenza del controllo geologico è stata trasferita alle Regioni, sono queste a concedere o negare i progetti dei nuovi fabbricati nelle zone a rischio, un'autorizzazione preventiva a seguito di una istruttoria tecnica, l'opinione comune dei ricercatori presso il CNR è la seguente: molto spesso basterebbe usare il buonsenso in quanto ci sono rischi individuabili bene anche ad occhio nudo esempio: colline dalla forma particolare, leggermente erose, o a forma di arco, la cui composizione e poco adatta a sopportare nuove pesanti opere di muratura, ancora oggi si continua a costruire sulla sabbia (in seguito abbiamo compiuto uno studio più approfondito considerando la sabbia come materia granulare), ancora validi sono i controlli effettuati con strumenti particolari come i pluviometri importanti per valutare le precipitazioni atmosferiche, i piezometri utili per il controllo del livello dell'acqua. L'accuratezza di queste misurazioni rende possibile, un'analisi più approfondita dell'instabilità. L'elenco delle cause che possono dare origine ad una frana è molto vario, ricordiamo uno dei motivi per cui il terreno scivola è il suo aumento di peso specifico dovuto ad un appesantimento o a un maggiore assorbimento di acqua (capillarità), un altro motivo può essere la minore coesione tra i suoi componenti, altre cause predisponenti possono essere la natura delle rocce, e del terreno, la giacitura degli strati, l'inclinazione del pendio, la presenza di acqua nel sottosuolo, a questi si sommano spesso interventi minori sconsiderati quali il disboscamento indiscriminato, un'edilizia selvaggia, ecc… Quando il danno è ormai fatto si tratta di mantenere la situazione sotto controllo e ci si augura che non sopraggiungono cause scatenanti come il prolungarsi di piogge intense o lievissimi movimenti sismici. Abbiamo visto in questo progetto, come la costituzione geografica delle colline del litorale marchigiano, sono formate da rocce sedimentarie di tipo clastico. E' interessante notare come la classificazione delle rocce clastiche e dei sedimenti sciolti si basa principalmente sulle dimensioni dei frammenti, se le dimensioni dei granuli sono superiori a due millimetri la loro forma è arrotondata e si parla di ghiaia, un accumulo di frammenti angolosi di dimensioni superiori ai due millimetri è chiamato pietrisco, quando la dimensione dei granuli presenta un limite inferiore di circa un micron si parla di sabbia, se questa sabbia per il processo della diagenesi è stata trasformata in roccia compatta, la roccia si chiama arenaria, se le dimensioni dei granuli sono ancora inferiori a un micron, il sedimento sciolto è denominato silt, con dimensioni dei granuli inferiore a 0,004 mm il sedimento sciolto è denominato argilla, all'interno di ognuna di queste classi granulometriche è possibile classificare ulteriormente le rocce clastiche sulla base della composizione mineralogica. In questo progetto, in riferimento alle dimensioni dei granuli delle rocce sedimentarie clastiche, abbiamo notato di essere in presenza della materia granulare, infatti i sedimenti sciolti sopraelencati sono solidi senza dubbio, ma se andiamo a considerare un cumulo di sabbia, possiamo affermare che non lo è propriamente, infatti se versiamo dall’alto della sabbia in un recipiente non nè prende la forma, non può essere considerato un liquido, poiché non si dispone orizzontalmente, ma a cono. E' non è sicuramente un gas. Probabilmente bisogna inventare un quarto stato della materia che potremmo chiamare "granulare".










Sabbia di mare Arenaria Arenaria


Numerosi fisici sono stati presi da un improvviso interesse per questa materia granulare, sul piano sia teorico che sperimentale. Questa materia granulare si incontra ovunque, nelle costruzioni e nei lavori pubblici, nel settore agro-alimentare, in farmacologia, ecc.. Abbiamo eseguito una ricerca riguardante la materia granulare, e abbiamo notato che i fisici e i matematici, dopo essersi preoccupati a lungo dell’ infinitamente piccolo, oggi si rivolgono verso oggetti in apparenza più comuni, infatti su questo terreno troviamo dei fenomeni inattesi, qualche volta il caos, spesso una grande complessità e talvolta delle leggi universali. Un cumulo di sabbia, è formato da un insieme di grani solidi che obbediscono alle leggi della meccanica classica. È molto difficile individuare il loro movimento poiché sono numerosi, ma un aiuto può venire dalla fisica statistica, esattamente come lo studio di un gas. Un gas è descritto con tre proprietà statistiche: la temperatura, la pressione e il volume. Queste grandezze, misurabili, corrispondono a delle proprietà medie delle molecole in scala microscopica. La domanda che ci poniamo è questa: il cumulo di sabbia si comporterà come un gas? Noi sappiamo che un gas è omogeneo tutte le particelle puntiformi sono nello stesso stato e percorrono delle traiettorie simili, qualsiasi sia la loro posizione iniziale. Un mucchio di sabbia è intrinsecamente eterogeneo, quando si vuole comprimere dei granuli di sabbia chiusi in una bottiglia trasparente, si nota che le forze si ripartiscono in modo estremamente ineguale: i grani compressi costituiscono delle specie di strade dove le forze si trasmettono per contatto" una rete di costrizioni" che circonda delle zone dove i grani non sono praticamente sollecitati.
Un cumulo di sabbia non può essere paragonata a un gas, ma si può quando si muove paragonarlo a un liquido? No non possiamo, per convincersene è sufficiente osservare una clessidra. Il flusso di sabbia nella clessidra resta regolare a mano a mano che la parte superiore si svuota, questo dimostra che la pressione al livello della strozzatura è indipendente dal livello dell'altezza della sabbia sovrastante. Per un liquido al contrario la pressione è proporzionale all'altezza. Questa differenza fra sabbia e liquidi deriva dallo sfregamento dei granelli sulle pareti: quando il recipiente è stretto, la pressione della sabbia si concentra quasi unicamente sulle pareti e non sul fondo. Questo sfregamento dei granelli, detto sfregamento solido, costituisce una delle chiavi del comportamento di un mucchio di sabbia. Fu Charles de Coulomb (celebre per la legge sull'attrazione elettrostatica) che nel 1773, volendo spiegare la stabilità delle scarpate di fortificazione, definì il coefficiente di attrito solido* di un cumulo di sabbia, legato al suo angolo di riposo massimo.

Se si versa della sabbia su un mucchio la cui pendenza fa con il suolo un angolo minore dell'angolo di riposo, l'attrito è sufficiente per opporsi al peso della sabbia, che resta nel punto dove è caduta. Ma se l'angolo del cumulo di sabbia è uguale o superiore all'angolo di riposo l'attrito è insufficiente e la sabbia scivola. Però l'attrito non riesce a spiegare tutto, infatti un cumulo di sabbia può rimanere stabile oltre questo angolo di riposo. L'esperienza mostra che le frane e anche le valanghe non si staccano che a partire da un altro angolo limite, maggiore di qualche grado. Dopo una frana o una valanga il cumulo si ritrova con un angolo inferiore, corrispondente circa all'angolo di riposo definito dallo scivolamento solido. La spiegazione è stata trovata nel 1885 dal fisico inglese Osborne Reynolds. Per deformarsi, egli dichiarò che un cumulo di sabbia deve dilatarsi. Infatti i grani sono embricati (cioè disposti come le tegole di un tetto) e per scivolare devono" districarsi" scostandosi leggermente, questo fatto si produce al di là di una certa inclinazione. Da qui la formazione di un secondo angolo, l'embricatura si aggiunge all'attrito solido per stabilizzare il cumulo. Questo effetto è chiamato "dilatanza".





per comprimere un mucchio di sabbia, per renderlo appuntito, o per fargli assumere diverse forme geometriche, abbiamo effettuato delle prove di compressione, poiché volevamo verificare se il sedimento sciolto dell'arenaria si poteva compattare e cementare. Siamo rimasti meravigliati come questa materia granulare si può trasformare, abbiamo costruito un faro chiamato Protezione Civile, è una rappresentazione del 1848 del castello di Marano (Cupra Marittima)




costruiti entrambi con mattoncini di arenaria compattati e cementati.(15)




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